Il cibo nel mondo classico

Il cibo per gli antichi era una realtà un po’ diversa dai nostri giorni per vari motivi: anzitutto la possibilità di reperire gli alimenti era più complicata e poi le soluzioni erano di gran lunga diverse dai nostri giorni. Un esempio valga per tutti: la conservazione del cibo era molto settoriale, se si esclude la salagione o l’affumicatura e poi gli strumenti di cottura avevano un raggio molto limitato.Possiamo noi oggi leggere dai testi culinari, ma con documenti esigui in quanto spesso erano lavori di esponenti acculturati che trascrivevano quello che a loro era più vicino. D’altra parte il materiale che possiamo consultare è molto ridotto e spesso viene tramandato per via indiretta attraverso altri compilatori che magari non possedevano i rudimenti necessari per la disciplina. Pensiamo che per Archestrato, capostipite egli scrittori sul cibo, possediamo circa settanta frammenti nelle citazioni di altri; il corpus più notevole si trova ne “I Deipnosofisti” di Ateneo di Cirene, vissuto parecchi secoli dopo il famoso cuoco di Gela.

Il cibo veniva preparato innanzi tutto per il sostentamento umano e spesso era tutto molto frugale, con un preciso attaccamento ai flussi stagionali e quindi ai prodotti del periodo vissuto. Bisogna precisare che in realtà esistevano due modi di stare a tavola: uno era il fabbisogno quotidiano, quasi sempre molto frugale, l’altro il cibo delle occasioni o delle feste. Teniamo presente però che in varie città esistevano i “termopolia” ossia le strutture ove acquistare cibo già pronto. Nell’ambito italiano e insulare nello specifico, c’era una grande preferenza per i cereali, preparati e consumati con varie soluzioni, in quanto il pane o le focacce erano molto diffuse. Generalmente per i pasti semplici si usava pane e companatico e poi della frutta, di stagione o secca. Le carni non erano diffuse come ora, ma erano conosciute e preparate in base alla necessità, stagionale o locale, ed accanto, soprattutto nelle zone di mare, il pesce era di casa. Non staremo ad elencare le varie pietanza, ma possiamo fare qualche riferimento per esempio ai vari tipi di arrosti sulla brace oppure al forno, ma sempre con una serena visione dei pochi mezzi di allora.

Riportiamo, ad esempio, un dolce antico detto BASYMA, in cui gli ingredienti si fondono in un unicum irripetibile; essi sono noci, fichi e mandorle secche, miele, uova, farina e un pizzico di lievito, da consumare il giorno dopo perché il miele deve riposare. Non possiamo qui non ricordare alcune delicatezze salate come ad esempio i calamari al forno con la pancetta suina in cui lo strano apparentamento risulta alla fine delicato e profumatissimo. E’ evidente che il gusto di una grigliata su carboni o legni secchi era allora una sorta di piatto rituale, ma è comprensibile che la fragranza e l’aroma di allora è oggi soltanto irripetibile. Come pure ci rendiamo conto che la poesia del pesce o dei frutti di mare, pescati in un mare molto più pulito di oggi sono ormai per noi un puro elemento letterario. Comprendiamo bene come i prodotti conservati, di cui prima si è accennato, non possono avere confronti con la realtà odierna in quanto gli animali allevati senza estrogeni o prodotti per l’ingrasso, hanno sicuramente un sapore diverso in quanto noi oggi non abbiamo più tali valori del gusto perché la realtà è del tutto stravolta. Per concludere rifacciamoci alle piccole tavolate di Orazio e con pazienza e apertura letteraria, ci rendiamo conto che il nostro treno è completamente diverso da quello che “mutatis mutandis”, potevano prendere gli antichi che, pur contando su mezzi più semplici, avevano l’Olimpo molto più vicino.

Gaetano G. Cosentini